Storia della Sericoltura nel FVG

La sericoltura è un’attività di carattere sia agricolo che artigianale. Si divide in due fasi: la prima comprende l’allevamento umano del Baco da Seta fino al suo imbozzolamento, mentre la seconda prevede la tessitura del filamento ricavato dal bozzolo.

L’allevamento dei Bachi entrò in Friuli tra il ‘400 ed il ‘500 quando la Serenissima iniziò a produrre, tessere ed esportare la seta. La Repubblica di Venezia decise in principio di proibire le filande domestiche ma al contempo non disdegnò dall’incentivare l’allevamento casalingo dei bachi, probabilmente per accentrare la produzione del tessuto senza però privarsi del prezioso contributo dato dal mondo contadino alla creazione dei bozzoli. 

Il gelso godeva di prestigio in quanto pianta importata dall’Oriente e la coltivazione delle sue foglie venivano affittate dai proprietari terrieri ai contadini, senza che ci fosse un reale interesse nel promuovere la diffusione di questo prodotto alle fasce meno agiate. 

La situazione iniziò a cambiare verso la fine del ‘700 dopo che un economista Udinese di nome Antonio Zanon si convinse che un mercato potenzialmente proficuo per la gente comune fosse impedito dall’ingombro senza scopi della classe signorile. 

Nell’Ottocento a seguito di questa maggiore presa di coscienza la bachicoltura si espanse rapidamente nelle campagne Friulane. Nuove filari di gelsi vennero piantati lungo le strade o a lato dei campi e nelle case dei contadini l’allevamento dei bachi divenne un’attività di prim’ordine. 

Come testimoniato da più fonti, gelso e bachi entrano a pieno regime nella cultura della nostra regione. Da allora i gelsi costeggiano campi, strade e case padronali.  La sericoltura è sempre stata un’occupazione che ha impegnato tutta la famiglia, gli uomini, le donne e e gli anziani e persino le abitazioni stesse ma in particolar modo le donne. 

La fortuna di questa attività e da riscontrarsi nel fatto che gran parte degli abitanti del Friuli viveva esclusivamente con il lavoro nei campi e gravava in un stato di grande povertà. L’allevamento dei bachi era un’attività facile da integrare al lavoro agricolo ed i bozzoli si vendevano altrettanto bene, cosicchè la gente poteva avere un piccolo guadagno con cui pagare i debiti con le botteghe.

Le cose iniziarono a cambiare a cavallo tra l’Ottocento ed il Novcento quando il pluri-centenario mondo agricolo del Nord-Est incontrò il neonato progresso industriale, e nella regione vennero costruite le prime aziende dotate di macchinari industriali (trattasi degli essicatoi e delle filande). La nascente industrializzazione però ebbe il demerito di portare nella nostra regione anche un nuovo genere di sfruttamento.  Nelle filande venivano spesso impiegate giovani donne in cerca di un piccolo guadagno per il matrimonio. Talvolta le madri mandavano al lavorare le figlie quando non avevano ancora raggiunto l’età minima per avere un po’ di rendita in più. I turni di lavoro erano lunghi 12 ore, con poche pause e straordinari non pagati. Il vitto era di scarsa qualità, l’alloggio buio e umido. Il lavoro ai macchinari imponeva di immergere le dita nell’acqua semi bollente e di vivere tra vapori asfissianti.

Nel dopoguerra la sericoltura italiana ha vissuto un progressivo declino a causa della concorrenza del mercato orientale. A questo si aggiungeva l’affermazione di nuove fibre sintetiche esportate in particolare dall’America, e lo spostamento dell’economia Friulana verso il mercato del mais al momento più redditizio. Gli anni ’90 hanno visto il fallimento del tentativo di riportare la sericoltura nel nostro territorio. Le cause erano da ricondursi  alla diffusione di un parassitario per coltivazioni di frutta che, depositandosi sui gelsi, provocava degli effetti nocivi ai bachi. 

Negli ultimi anni le cose sono un po’ cambiate: dal 2012 il parassitario in questione non viene più usato ed il mercato di seta della Cina è in calo, specialmente per quanto riguarda il prodotto di qualità. Le condizioni potrebbero aprire la strada a un nuovo mercato italiano della Seta. 

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