Creazione di un modello di coltivazione del gelso volto ad ottimizzare la produzione nelle diverse località della regione FVG

Tradizionalmente, il gelso viene coltivato a ceppaia bassa con piante impalcate a una altezza di 80-100 cm dal suolo. I sesti d’impianto più utilizzati variano da 2.5 a 3.5 m fra le file e tra 1 e 1,6 m sulla fila, arrivando così a densità di 2-3000 pp/ha, in funzione della vigoria della varietà utilizzata. Dopo l’impianto, effettuato in autunno o nelle prime fasi primaverili, vengono selezionati 3-4 assi che diverranno branche, ovvero le strutture vegetative principali. Nell’ambito della specie, esistono varietà a diversa precocità di germogliamento; tali caratteristiche possono essere sfruttate negli impianti per estendere il calendario di raccolta. È tuttavia bene ricordare che un germogliamento tardivo è generalmente associato a un minore vigore vegetativo e minore produzione di biomassa.
Nel caso di colture specializzate, e in funzione della vigoria, le piante possono essere allevate anche più basse ottenendo una specie di “cespuglio”, nel quale la ceppaia è formata a circa 30 cm da terra, in tal modo si ottiene un gelseto più efficiente da un punto di vista delle operazioni colturali.
Da quanto brevemente descritto emerge l’importanza di adeguare il sistema di coltivazione e la forma di allevamento alle caratteristiche vegetative delle piante a disposizione. Al fine quindi di caratterizzare l’habitus vegetativo degli ecotipi raccolti durante la prima fase del Progetto nelle diverse zone della Regione, è stato svolto un monitoraggio di alcuni parametri di crescita del materiale radicato e posto in vaso presso il Vivaio Forestale Pascul. L’indagine ha consentito di mettere in evidenza una variabilità di comportamento dei diversi genotipi per quanto riguarda la vigoria e il gradiente di vegetazione, in termini di numero di germogli formati, accrescimento in lunghezza degli stessi, numero di foglie e cinetica di crescita nel tempo. In modo interessante, la variabilità si è manifestata sia fra diversi siti di raccolta, che nell’ambito della stessa zona, suggerendo la possibilità di individuare ecotipi in grado di adattarsi ad ambienti caratterizzati da tratti pedoclimatici diversi e/o di essere utilizzati nello stesso impianto per fornire substrato a diversi cicli di allevamento.

Lo studio contenente i risultati è scaricabile al presente (LINK PDF)

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